Agenzia Hawzah News – La minaccia più insidiosa per la religiosità odierna non è l’ateismo dichiarato, ma la progressiva rimozione di Dio dalla vita quotidiana. L’ateismo di fatto descrive una modalità di esistenza in cui l’uomo organizza il proprio vivere come se Dio non esistesse o come se non vi fosse alcuna responsabilità nei Suoi confronti. Questo atteggiamento emerge soprattutto nella prassi quotidiana, nei criteri decisionali e nelle priorità esistenziali, con conseguenze profonde sull’individuo e sulla società.
In questo senso, chi professa interiormente la fede in Dio ma ne esclude l’incidenza nella pratica morale, nelle scelte personali, nelle relazioni sociali e culturali e nella configurazione del proprio stile di vita cade in una forma di ateismo di fatto. La religione non viene apertamente negata, ma confinata alla sfera privata e simbolica: la fede resta una convinzione mentale, mentre perde la sua funzione normativa ed esistenziale.
Nel mondo contemporaneo, l’ateismo di fatto si manifesta in ambiti quali la scienza e la tecnologia, il diritto, la politica, l’economia e l’educazione. Correnti come il secolarismo, il liberalismo, l’esistenzialismo e lo scientismo radicale ne costituiscono alcune espressioni, in quanto privilegiano l’utilità, la razionalità strumentale e l’esperienza empirica, marginalizzando la presenza concreta di Dio e il ruolo delle tradizioni religiose.
Come osserva il filosofo canadese Charles Taylor, nel suo libro “L’età secolare”, la sfida decisiva che la fede incontra oggi non risiede nella sua confutazione teorica, ma nel modo in cui l’assetto culturale contemporaneo ne circoscrive e marginalizza l’incidenza pratica. La religione non opera più come orizzonte condiviso dell’esperienza comune, bensì viene collocata tra le possibili opzioni di senso. Ne consegue che ci si può dichiarare credenti mentre la prassi quotidiana, di fatto, si organizza come se Dio non esistesse, rendendo marginale la Sua presenza nell’esperienza concreta del vivere.
Dal punto di vista del cristianesimo, come anche delle altre grandi tradizioni religiose, l’ateismo di fatto non consiste in una negazione verbale o dottrinale di Dio, ma nella frattura tra la fede professata e la pratica vissuta. È così possibile dichiararsi credenti sul piano formale e, al tempo stesso, ignorare l’autorità divina nelle scelte morali, sociali, economiche e familiari: la fede rimane sul piano teorico, mentre la vita concreta si organizza come se Dio non fosse determinante.
Nei testi cristiani questa condizione è oggetto di una critica esplicita, poiché esprime una fede priva di autentica consistenza esistenziale:
«Come infatti il corpo senza lo spirito è morto, così anche la fede senza le opere è morta»
(Lettera di Giacomo 2,26)
In modo analogo, anche il sacro Corano (61, 2–3) richiama con forza coloro che proclamano la fede a parole mentre la loro condotta concreta la smentisce, denunciando la distanza tra l’affermazione verbale e l’agire reale:
يَا أَيُّهَا الَّذِينَ آمَنُوا لِمَ تَقُولُونَ مَا لَا تَفْعَلُونَ كَبُرَ مَقْتًا عِنْدَ اللَّهِ أَنْ تَقُولُوا مَا لَا تَفْعَلُونَ
«O voi che avete creduto, perché dite quel che non fate?! È grandemente odioso presso Dio che diciate quel che non fate!»
Questa frattura tra dichiarazione e comportamento configura una forma evidente di ateismo di fatto, che svuota la fede della sua vitalità interiore, indebolisce la vita spirituale e apre la strada all’ipocrisia (cfr. Corano 2,8):
وَمِنَ النَّاسِ مَنْ يَقُولُ آمَنَّا بِاللَّهِ وَبِالْيَوْمِ الْآخِرِ وَمَا هُمْ بِمُؤْمِنِينَ
«E tra la gente c’è chi dice: “Abbiamo creduto in Dio e nel Giorno Estremo”, ma non sono credenti»
In sintesi, l’ateismo di fatto costituisce una delle sfide spirituali più insidiose dell’era moderna: si manifesta quando la fede resta confinata alle parole o alla sfera privata, mentre la vita concreta e le scelte quotidiane la contraddicono. Per contrastarlo, è necessario coniugare la fede teorica con una pratica religiosa autentica e coerente, tradurre in azione gli insegnamenti etici e spirituali nella vita personale e sociale, e promuovere nei sistemi educativi e culturali una rinnovata armonia tra fede, comportamento e principi morali. Solo così Dio non resterà confinato alle parole, ma sarà realmente presente nella vita quotidiana, nei criteri decisionali, nell’etica personale e nella struttura stessa della società, rendendo visibile la Sua presenza anche nelle difficoltà del mondo contemporaneo, portando luce e speranza in mezzo alle sfide della modernità, testimoniando che la pratica autentica della fede può guidare la vita e riaprendo la possibilità di un ordine spirituale e morale oggi più che mai necessario.
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